Oculistica diagnostica
Scopri i nostri trattamenti oculistici, pensati per la salute e il benessere dei tuoi occhi.
Una visita oculistica è costituita da una serie di test effettuati dallo specialista, per valutare le condizioni di salute degli occhi e misurare l’acutezza visiva di ciascuno.
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Visita Oculistica
La visita oculistica, disponibile nel nostro centro, è costituita da una serie di test effettuati dallo specialista per valutare le condizioni di salute degli occhi e misurare l’acutezza visiva di una persona, ossia la capacità di mettere a fuoco e distinguere gi oggetti.
È raccomandabile eseguire dei controlli oculistici periodici e approfonditi di routine, anche in considerazione del fatto che molte malattie oculari sono asintomatiche.
La visita di base si svolge prima con un esame esterno degli occhi. Successivamente vengono eseguiti esami specifici per:
- Acutezza visiva
- Funzionalità pupillare
- Motilità dei muscoli esterni degli occhi e misurazione della pressione interna dell’occhio
- Esame del fondo oculare
L’esame esterno dell’occhio consiste nell’ispezione delle palpebre, dei tessuti circostanti e dello spazio interpalpebrale, occupato dal bulbo oculare. Può anche essere eseguita la palpazione del margine orbitario, se la condizione clinica lo richiede.
Le congiuntive e la sclera possono essere ispezionate invitando il paziente a guardare in alto e in basso, utilizzando una fonte di luce intensa e un biomicroscopio per l’osservazione dei dettagli. La cornea e l’iride vengono osservati in modo simile.
OCT – Tomografia Ottica Computerizzata
L’esame del campo visivo è essenziale per la valutazione del glaucoma, ma può essere molto utile nello studio di alcune patologie della retina, del nervo ottico e del sistema nervoso centrale. Esso consiste nella misurazione della visione dello spazio che circonda l’occhio. Si utilizzano strumenti computerizzati che presentano stimoli luminosi standardizzati ed elaborano i risultati:
PERIMETRO HUMPHREY CON GPA-2
Fra i più avanzati per la diagnosi della progressione del danno. Costituisce l’esame di riferimento nel glaucoma. L’analisi di più esami nel tempo è fondamentale per identificare l’insorgenza e la velocità della progressione della malattia. Disponendo di un numero sufficiente di esami (almeno 5 del campo visivo in 3 anni) è possibile proiettare nel futuro il rischio di cecità.
PERIMETRO A DUPLICAZIONE DI FREQUENZA (FDT)
Prima che sia riconoscibile il danno nella perimetria standard si devono perdere almeno il 30% delle fibre del nervo ottico. L’FDT, molto sensibile, può identificare il danno funzionale prima del campo visivo standard.
Si appoggia il mento e la fronte allo strumento, mentre l’occhio non esaminato viene occluso. Si fissa una mira centrale e si preme un pulsante ogni volta che si vede uno stimolo luminoso, anche se di tenue intensità, nello spazio davanti a sé. È importante non cercare gli stimoli luminosi spostando lo sguardo. L’attendibilità dell’esame è ridotta se si preme il pulsante senza che ci sia lo stimolo, se si danno risposte differenti nella stessa area o se si perde spesso la fissazione.
Secondo le Linee Guida della Società Europea per il Glaucoma (EGS), sono necessari almeno due esami per identificare lo stato di partenza del campo visivo, ed altri 3 esami ogni 2 anni. Per identificare la progressione del danno è necessaria la conferma in uno o due campi visivi successivi. Generalmente l’esame deve essere ripetuto da 1 a 3 volte all’anno, con frequenza maggiore in caso di aumentato rischio di progressione del danno e di minore ripetibilità dei risultati.
Esame del Campo visivo
L’esame del campo visivo è un’indagine diagnostica che consiste nel valutare la sensibilità della retina – quantificando e rilevando eventuali perdite funzionali assolute e relative – e l’integrità delle vie nervose che da essa originano.
La misurazione del campo visivo permette di evidenziare gli eventuali difetti della visionecentrale o periferica, quindi risulta utile per diagnosticare e monitorare la progressione di alcune patologie della retina, del nervo ottico e del sistema nervoso centrale, come il glaucoma, le neuriti ottiche e le maculopatie. L’esame consente, inoltre, d’inquadrare nel contesto clinico sintomi come i difetti lacunari (scotomi) e la perdita di metà del campo visivo (emianopsia).
L’esame del campo visivo consiste nella valutazione della porzione di spazio che il paziente è in grado di osservare, focalizzando lo sguardo davanti a sé; rispetto al centro del campo visivo, i margini periferici risultano più o meno distanti.
L’area che una persona riesce a vedere con lo sguardo dritto in avanti è rappresentato graficamente su una griglia. Le situazioni patologiche si traducono nella ridotta o assente risposta allo stimolo luminoso nel campo visivo.
L’esame permette di analizzare lo stato di salute delle vie ottiche (dalla papilla del nervo ottico all’area cerebrale associata alla visione), quindi può:
- Evidenziare un’area di minore efficienza visiva, quantificando la sensibilità eventualmente persa dalla retina del paziente;
- Identificare i difetti visivi che dipendono dalla disfunzione delle vie ottiche che deferiscono dalla retina e/o della corteccia cerebrale.
La valutazione dell’esame del campo visivo è:
– Morfologica: relativa alla presenza e all’estensione di un processo patologico;
– Funzionale: mirata a studiare le variazioni della sensibilità retinica agli stimoli luminosi.
La finalità dell’esame del campo visivo consiste nella misurazione della porzione di spazio che il paziente è in grado di osservare, focalizzando lo sguardo davanti a sé. Ciò consente di quantificare la sensibilità retinica agli stimoli luminosi, rilevandone gli eventuali difetti assoluti e relativi. In altre parole, l’esame del campo visivo consente di sapere con precisione di quanto si è ridotta l’area di visione della persona.
L’esecuzione di quest’esame è utile per diagnosticare e monitorare l’evoluzione delle patologie dell’occhio caratterizzate dalla perdita della visione periferica o centrale, come:
- Glaucoma;
- Distacco della retina;
- Opacità del cristallino (cataratta);
- Patologie della macula (maculopatie);
- Retinite pigmentosa;
- Retinopatia diabetica.
Campimetria e Perimetria sono importanti anche per lo studio di patologie delle vie ottiche (dalla retina ai centri visivi corticali) e del sistema nervoso centrale con interessamento dell’apparato visivo, come:
Patologie del nervo ottico:
- Neuriti ottiche;
- Edema della papilla;
- Disordini cerebro-vascolari:
- Occlusione vascolare retinica (trombosi);
- Ischemia del nervo ottico;
- Lesioni encefaliche (es. ictus, aneurismi, emorragie intracraniche).
- Infiammazioni e processi espansivi intracranici:
- Meningite;
- Alcuni tumori cerebrali o ipofisari;
- Traumi cranici.
Queste condizioni danno origine a caratteristici difetti del campo visivo (come emianopsia e scotoma): in pratica, le alterazioni seguono la disposizione delle fibre nervose, permettendo di risalire alla patologia in atto. Ad esempio, quando una lesione colpisce un nervo ottico (destro o sinistro), il deficit sarà omolaterale; se viene danneggiato il chiasma ottico (regione dove si uniscono i due nervi ottici), l’alterazione si ripercuoterà in entrambi i campi visivi.
Allo stesso modo, anche le lesioni cerebrali possono alterare il campo visivo in corrispondenza di una determinata porzione.
L’esame del campo visivo può essere consigliato dopo una visita oculistica, soprattutto nel caso in cui il paziente percepisca:
- Una riduzione dell’acuità visiva di vario grado;
- Un’alterazione del campo visivo, caratterizzata dalla comparsa di:
- Macchie cieche scure o colorate, fisse o scintillanti (punti luminosi o flash);
- Zone offuscate o annebbiate;
- Percezione ridotta o sfalsata dei colori.
Considerato l’ampio spettro delle possibili cause delle alterazioni campimetriche, le caratteristiche e l’insorgenza di questi disturbi vanno rapportati con gli altri sintomi concomitanti, come mal di testa, malessere generale, vertigini, nausea, vomito, dolore all’occhio, problemi nel linguaggio o paralisi.
A seconda dei risultati ottenuti, per comprendere la natura di un problema, la campimetria e la perimetria sono associati o seguiti da altri accertamenti, volti ad approfondire il quadro clinico.
Fluorangiografia
La fluorangiografia è un esame fondamentale per lo studio della circolazione della retina e coroide. Serve anche come guida per il trattamento delle patologie retiniche mediante laser argon. Questa metodica consente di mettere in evidenza aree non irrorate dal sangue e lesioni provocate da nuovi vasi che si sviluppano a causa della carenza di ossigeno, permettendo al medico di colpire con maggiore precisione le zone malate col raggio laser.
Viene iniettato con una siringa un colorante in vena che, sciogliendosi nel sangue, consente di visualizzare eventuali anomalie della retina. La tipologia di tale colorante varia a seconda della patologia da studiare. Dopo la dilatazione delle pupille tramite collirio midriatico, ci si siede di fronte al retino grafo. Successivamente vengono scattate una serie di foto che saranno studiate dal medico per evidenziare eventuali anomalie. La fluorescina verrà smaltita dal corpo tramite l’urina che, nelle ore successive, assumerà un colore diverso (giallastro fluorescente); il verde di indocianina, invece, viene smaltito attraverso il fegato. La fluorangiografia è un esame di routine molto diffuso, ma è invasivo. Dovrà, quindi, essere valutata la funzionalità cardiaca e quella renale e, soprattutto, va accertato se si sia allergici al colorante. L’esame si effettua a digiuno.
La fluorangiografia trova applicazione nei seguenti casi:
- Malattie della macula, comprese quelle che coinvolgono il nervo ottico e i vasi della retina (diabete, emorragie, trombosi, ecc.)
- Patologie infiammatorie, infettive, tumorali, causate da farmaci
- Patologie traumatiche e retinopatia sierosa centrale.
Eventuali effetti collaterali sono legati all’uso del colorante che viene iniettato in vena. Potrebbero verificarsi problemi ai reni, ma per prevenirli può essere sufficiente ricorrere all’idratazione salina o al bicarbonato di sodio. L’uso del colorante, inoltre, va evitato in pazienti colpiti da gravi problemi al fegato. In linea di massima, comunque, né il verde di indocianina né la fluorescina presentano effetti collaterali significativi (a meno che non si sia allergici a queste sostanze). Raramente possono verificarsi effetti collaterali minori, quali nausea, tosse, starnuti, colorazione giallastra della pelle e malessere generale.
GDX – Polarimetro a scansione laser
Questa meravigliosa apparecchiatura consente di studiare il nervo ottico nella porzione interna dell’occhio.
Le patologie interessate sono:
- Glaucoma
- Diabete
- Neuriti (trombosi o infiammatorie).
Queste malattie interessano le fibre nervose di cui è fatto il nervo, deformandole e danneggiandole.
Il GDX è in grado di studiare tali modificazioni e, per questo, usa un fascio di luce capace di costruire una sorta d’immagine tridimensionale del nervo ottico. Il tutto senza iniezione di contrasto o l’uso di sostanze chimiche, senza l’impiego di colliri e senza che vi sia necessità che il paziente esaminato risponda in modo appropriato a specifici stimoli. Durante l’indagine diagnostica il paziente non è tenuto a collaborare con il personale medico (cosa particolarmente utile in bambini, anziani, disabili, persone con problemi psichici). I risultati sono riproducibili e il test può essere ripetuto più volte per la mancanza di invasività. Questo consente di poter seguire la situazione nel tempo.
L’esame è molto veloce e può essere ripetuto immediatamente in caso di dubbio: la macchina acquisisce una singola immagine in meno di un secondo e questa può essere elaborata in vario modo con molti filtri e sottoprogrammi, per uno studio migliore.
Topografia corneale
La topografia corneale, anche definita “mappa”, fornisce tramite l’ausilio di un computer una rappresentazione grafica della curvatura della cornea.
Attraverso la proiezione di una serie di anelli illuminati sulla superficie della cornea, che successivamente vengono acquisiti dallo strumento, il topografo genera una “mappa corneale”.
La mappa viene poi sottoposta a sofisticatissimi calcoli matematici e le varie analisi rivelano ogni distorsione della cornea, così come la curvatura e i meridiani dell’astigmatismo. Eseguire una topografia corneale è molto semplice.
Il medico avvicina lo strumento all’occhio ed esegue lo scatto, come per una normale fotografia. L’operazione non è assolutamente pericolosa, non provoca dolore né fastidi particolari.
Il computer elabora i dati trasformandoli in una mappa colorata. Colori “caldi”, come rosso ed arancione, indicano zone di maggior curvatura, mentre colori “freddi”, come il blu, rappresentano zone di minor curvatura.
La topografia corneale si effettua nei seguenti casi:
- Per lo studio degli astigmatismi elevati ed irregolari
- Per la chirurgia laser dei difetti visivi
- Per la diagnosi e i controlli periodici successivi del cheratocono
- Per i trapianti di cornea
- Per l’applicazione di lenti a contatto, soprattutto in casi particolari
- Per la diagnosi e per il monitoraggio del cheratocono
- Si effettua sempre nei controlli successivi ai trattamenti di cross-linking corneale
- È indispensabile nella diagnosi di ectasia corneale
- Va sempre eseguito nei trapianti di cornea
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Pentacam
L’esame con il pentacam permette di effettuare un campionamento dell’intera superficie corneale ottenendo così immagini ad alta risoluzione. È dotato del sistema Sceimpflug che fornisce un modo migliore per l’analisi della camera anteriore sia per interventi di cataratta refrattivi sia per uno screening generale. È un strumento dotato di una telecamera di Scheimpflug da 1,4 Mp che permette di eseguire:
Ricostruzione 3D del segmento anteriore e un’analisi 3D della camera anteriore (CA) con misurazione dell’angolo, dell’ altezza e del volume della camera.
Pachimetria con una precisione di circa 5 μm. Lo spessore della superficie corneale da limbus a limbus è visualizzato con una mappa colorimetrica.
Una topografia corneale anteriore e posteriore reale fino a 138.000 punti misurati con visualizzazione delle mappe tangenziali sagittali e altimetriche, basata sulla misurazione dei dati altimetrici da limbus a limbus. Il dato densitometrico che avviene attraverso un’illuminazione con un led blu durante l’acquisizione. Tale densità viene quantizzata e visualizzata a schermo. Il campo d’ applicazione di questo strumento è molto vasto.
Prevalentemente è utilizzato:
- Per lo studio topografico della cornea
- Per la diagnosi di eventuali patologie, come il keratocono, attraverso il quale se ne può valutare anche l’ evoluzione
- Per l’analisi pre e post operatoria in chirurgia rifrattiva.
- Una rappresentazione dei principali indici keratometrici è evidenziata nella schermata. Vi è, inoltre, la possibilità di selezionare differenti scale di colori.
I valori topografici possono essere anche molto utili nell’ortokeratologia.
L’ analisi della camera anteriore permette di visualizzare l’angolo camerulare per valutare eventuali alterazioni che possano influire su patologie come il glaucoma. A tal fine è anche utile la valutazione dello spessore corneale, la pachimetria.
L’ esecuzione dell’ esame è rapida e indolore.
Il paziente deve poggiare il mento e la fronte sullo strumento e, una volta coperto con telo nero per creare una sorta di camera oscura, gli è solo richiesto di osservare per qualche secondo il puntino rosso ed il led blu, che si accenderanno al momento dell’ esecuzione. L’ esame va eseguito una volta per occhio, per ottenere una scansione completa di ciascuno dei due.
Microscopia endoteliale
La microscopia endoteliale permette lo studio dell’endotelio corneale tramite l’acquisizione di immagini fotografiche, ottenute attraverso l’impiego di un particolare microscopio. Tali immagini vengono successivamente elaborate da un computer.
Le cellule endoteliali sono indispensabili al mantenimento della trasparenza corneale e, se la loro densità scende al di sotto di certi valori, vi sono gravi rischi per la conservazione di una buona acuità visiva. Nel corso della vita il numero delle cellule si riduce fisiologicamente. Le cellule endoteliali non si riproducono e quelle che “perdiamo” fisiologicamente, quindi, non verranno sostituite per rinnovamento cellulare. Ciò comporta seri problemi nel caso di lesioni o danni endoteliali.
Le caratteristiche fisiologiche e istologiche che lo caratterizzano, rendono l’endotelio corneale particolarmente sensibile ad attacchi dovuti a infezioni, traumi o interventi.
Da qui nasce la necessità di monitorare lo stato di salute dell’endotelio corneale, soprattutto in previsione di un’ intervento chirurgico sull’occhio.
È fondamentale come esame preliminare in:
- Chirurgia sul bulbo (intervento per cataratta, glaucoma, trapianto di cornea)
- Chirurgia refrattiva
- Distrofia di Fuchs (in cui vi è una riduzione precoce della densità delle cellule endoteliali). È essenziale per seguire l’andamento della patologia.
Pachimetria
La pachimetria corneale è un esame che consente di misurare lo spessore della cornea. La conoscenza dello spessore corneale permette di definire l’affidabilità della misurazione della pressione oculare. L’esame viene effettuato anche come strumento per valutare alcune patologie della cornea, come il cheratocono (mappa pachimetrica) o l’edema corneale, e nella diagnostica del glaucoma.
Ci sono diverse tecniche di indagine:
- Pachimetria ottica: fornisce una mappa pachimetrica della cornea
- Pachimetria acustica tramite una sonda ad ultrasuoni.
Nel primo caso è possibile disporre di una mappa pachimetrica che evidenzia lo spessore corneale in ogni suo punto e permette di individuare la localizzazione e il valore del punto più sottile. Per l’esame eseguito con pachimetro ultrasonico è necessaria una goccia di collirio anestetico nell’occhio da esaminare prima di appoggiare sulla cornea, per pochi istanti, una sonda simile ad una piccola penna. Per il pachimetro ottico non è necessario instillare collirio anestetico.
L’esame è indicato in particolare:
- In tutti i soggetti noti o a rischio per glaucoma
- Nei pazienti affetti da patologie corneali
- In coloro che devono sottoporsi a un intervento di chirurgia corneale (cross-linking), trapianto di cornea o in chirurgia refrattiva.
Non è una misurazione dolorosa in quanto viene effettuata, nel caso del pachimetro ultrasonico, previa instillazione di collirio anestetico. Questo accorgimento serve ad evitare la sensazione di dolore e fastidio mentre si sfiora con una piccola sonda la superficie corneale. Nel caso del pachimetro ottico si tratta di un esame non invasivo, in quanto non c’è alcun contatto con la superficie oculare.
Biometria
La biometria permette di misurare in modo molto preciso la lunghezza anteroposteriore del bulbo oculare e di altre strutture dell’occhio. Distinguiamo due tipi di biometria: quella a ultrasuoni e quella ottica. La biometria a ultrasuoni è una derivazione dell’ecografia. In essa viene utilizzata una sonda a ultrasuoni a scan.
La biometria ottica, di più recente introduzione nella pratica clinica, si basa sulla interferometria ottica a coerenza parziale e utilizza un raggio luminoso. Dopo aver effettuato la misurazione della lunghezza del bulbo, della camera anteriore e dei raggi di curvatura corneale, il biometro utilizza una serie di formule matematiche per darci il valore appropriato del cristallino artificiale da inserire all’interno dell’occhio dopo l’asportazione della cataratta.
Entrambe le tecniche sono precise ad affidabili. I vantaggi di quella ottica sono: la maggior rapidità di esecuzione e il fatto di non richiedere l’instillazione di collirio anestetico, in quanto non vi è contatto fra apparecchio rivelatore delle misurazioni e l’occhio. Per contro, nel caso di cataratte molto avanzate, spesso il biometro ottico non riesce a dare misurazioni appropriate mentre quello a ultrasuoni, utilizzando onde sonore e non luminose, è in grado di superare l’ostacolo dando misurazioni sempre precise.
La biometria va eseguita prima dell’intervento di estrazione di cataratta, per calcolare il valore giusto della lente intraoculare che andrà a sostituire il cristallino.
Pupillometria
La pupillometria è l’esame per la misurazione della grandezza e dei movimenti della pupilla.
Si esegue con un apparecchio chiamato pupillometro, spesso associato ai topografi corneali.
L’esame associato al topografo corneale è rapido, assolutamente indolore e privo di rischi. Si effettua senza utilizzare alcun collirio, ponendo il paziente di fronte allo strumento che rileva le misure in varie condizioni di luce. La durata è di circa 20 secondi. L’esame è di fondamentale importanza in tutti quei pazienti che devono essere sottoposti a chirurgia refrattiva.
Tonometria
La tonometria è una tecnica che permette di misurare la pressione intraoculare (o tono oculare) utilizzando uno strumento detto tonografo.
Serve a verificare le variazioni dalla normalità della pressione interna dell’occhio. Può aumentare o diminuire in rapporto a patologie, traumi o interventi oftalmici. Possono essere utilizzati 3 tipi di tonometro: a soffio, a planazione e di Pascal.
Il paziente viene fatto accomodare su uno sgabello appoggiando mento e fronte sullo strumento. Il tonometro a soffio invia un soffio d’aria sulla cornea del paziente, che deve mantenere l’occhio ben aperto e osservare una luce. L’operazione dura 15 secondi per entrambi gli occhi. Il tonometro di planazione (o di Goldmann) imprime una lievissima forza sulla cornea. Il paziente deve mantenere l’attenzione, rilassarsi e non trattenere il respiro, non chiudere gli occhi e guardare il cono illuminato da una luce azzurra davanti a sé. La procedura dura 20 secondi. Il tonometro di Pascal funziona in modo simile a quello di Goldmann e prevede un contatto di almeno 10 secondi. Si tratta di una tecnica minimamente invasiva, non pericolosa e non dolorosa. L’igiene del tonografo a soffio è garantita dall’assenza di contatto fra lo strumento e l’occhio, mentre nella tonometria di Pascal per ogni paziente viene utilizzato un nuovo involucro monouso in gomma per ricoprire il cono di misurazione. Nella tonometria di Goldmann il conetto viene preventivamente pulito con una soluzione disinfettante.
Il tonometro di Pascal è più adatto ai pazienti già sottoposti a chirurgia refrattiva con laser ad eccimeri e altri interventi alla cornea. L’uso del tonometro a soffio non richiede preparazione, mentre se viene utilizzato il tonometro di Pascal è necessario instillare un anestetico tramite collirio 30 secondi prima dell’esame. Per il tonometro di Goldmann, al collirio anestetico se ne aggiunge un altro che serve a colorare le lacrime con fluoresceinato sodico.
Con il tonografo è possibile effettuare una curva tonometrica, che consiste nella misurazione del tono oculare nell’arco della giornata.
Test buio
Consiste in un test che ha come scopo quello di provocare la pressione intraoculare. La misurazione del tono viene effettuata prima e dopo la permanenza al buio, durante la quale la pupilla si dilata spontaneamente. Tale test viene spesso adoperato in caso di glaucoma.
Ecografia oculare
L’ecografia oculare è un esame non invasivo che, tramite gli ultrasuoni, permette di studiare le strutture interne dell’occhio, visualizzandole in sezioni anatomiche bidimensionali. Gli ultrasuoni rimbalzano sui tessuti generando echi di ritorno, che vengono captati e trasdotti in immagini. L’ecografia oculare si esegue appoggiando una sonda, collegata all’ecografo, sulla palpebra del paziente, dopo l’applicazione di un gel per migliorare il passaggio del segnale degli ultrasuoni.
L’esame è utile per studiare le strutture oculari intrabulbari:
- Quando non è possibile l’esplorazione diretta a causa di opacità di cornea, cristallino, vitreo
- Per studiare patologie quali tumori, emovitreo, distacco di retina e coroide, patologie malformative e degenerative della retina e della coroide.
- Nelle patologie che coinvolgono le strutture orbitarie, quali il nervo ottico, i muscoli extraoculari e il grasso retrobulbare.
Microperimetria
È un’indagine diagnostica che permette di creare una mappa della sensibilità della retina (misurata in decibel).
Consente, infatti, di effettuare uno studio della fissazione e della soglia di sensibilità retinica visualizzando in tempo reale il fondo oculare. In questo modo, con estrema precisione topografica, viene definita la sensibilità visiva in ogni punto della regione centrale della retina (la macula) nonché la sede e la stabilità della fissazione, anche se si vede molto poco.
L’esame permette di valutare la capacità di vedere stimoli luminosi di diversa intensità in varie posizioni della regione retinica esaminata. Lo studio microperimetrico fornisce delle informazioni importanti per valutare in maniera più precisa la funzionalità maculare. La microperimetria è stata introdotta, infatti, nella pratica clinica proprio per lo studio funzionale di patologie maculari, che determinano più o meno precocemente uno scotoma centrale (zona di non visione al centro del campo visivo).
Il paziente è posizionato di fronte l’apparecchio, previa dilatazione delle pupille, mentre si fissa una mira luminosa rossa centrale e stabile. È necessario premere un pulsante quando appare un punto luminoso di intensità variabile. In questo modo viene testata la funzionalità della retina: proiettando stimoli in posizioni selezionate si genera una mappa accurata della sensibilità retinica. L’esame, che non è invasivo, ha una durata di circa un quarto d’ora ed è indolore.
L’esame viene eseguito per:
- Degenerazioni maculari senili e giovanili (come la malattia di Besto e la malattia di Stargardt)
- Edema maculare
- Retinopatia miopica e diabetica
- Fori maculari.
Può essere utile nei controlli che vengono effettuati in seguito a terapie retiniche come, ad esempio, dopo iniezioni intravitreali per trattare la forma essudativa della degenerazione maculare legata all’età (AMD). È importante, quindi, per guidare le scelte nel periodo che segue le operazioni chirurgiche e nel valutare i risultati degli interventi. Riveste, inoltre, un ruolo importante nell’esecuzione di programmi riabilitativi degli ipovedenti.
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