Trattamenti chirurgici

Numerosi corpi estranei entrano nella congiuntiva dell’occhio in conseguenza di incidenti che avvengono durante l’espletamento di attività quotidiane.

Nel centro sono disponibili strumentazioni all’avanguardia e trattamenti medici moderni ed efficienti.

Oppure chiama: (+39) 0823 1504650

Femtocataratta

Negli ultimi anni la chirurgia della cataratta è stata oggetto di importanti evoluzioni tecnologiche. Grazie al laser a femtosecondi, quest’ambito medico ha conosciuto una vera e propria rivoluzione.
Con il suo impiego le fasi principali dell’intervento, programmate al computer dal chirurgo, avvengono in pochi secondi, senza l’utilizzo di pinza e bisturi.
Tutti i passaggi sono monitorati in tempo reale attraverso la tomografia a coerenza ottica (oct) che esegue un controllo dimensionale delle strutture da operare, guidando in maniera corretta l’azione del laser.

Cataratta

La cataratta è un’opacizzazione del cristallino, lente indispensabile per mettere a fuoco le immagini sulla retina situata dietro la parte colorata dell’occhio, l’iride.

È un problema tipicamente associato all’invecchiamento, ma che può colpire anche in giovane età e che può essere risolto con un intervento chirurgico. Le cataratte giovanili hanno un’origine congenita o possono essere causate da farmaci, traumi, malattie agli occhi o sistemiche. In genere l’opacizzazione è causata dall’aggregazione e dall’ossidazione delle proteine del cristallino, processo noto e diffuso in tutto l’organismo che progredisce con l’invecchiamento.

Il 90% degli individui di età superiore ai 75 anni soffre di cataratta. Altre possibili cause sono: l’esposizione prolungata ai raggi ultravioletti, il diabete e il fumo. Il sintomo principale è l’annebbiamento progressivo, a volte con abbagliamento alla luce frontale, sdoppiamento delle immagini e, talvolta, un iniziale curioso miglioramento della vista. Pertanto è consigliata una visita oculistica periodica oltre i 60 anni di età, anche in assenza di sintomatologia specifica.

L’unico trattamento attualmente disponibile è l’intervento chirurgico. Il momento in cui intervenire è in rapporto al grado di evoluzione della cataratta e al disagio visivo che essa comporta nelle attività quotidiane più comuni. Pertanto è una decisione che coinvolge sia il medico sia il paziente.

L’intervento, in anestesia locale con sole gocce di collirio, non doloroso, in day hospital (senza ricovero notturno), eseguito con microscopio operatorio, di breve durata, richiede una sufficiente collaborazione del paziente. Consiste nell’asportazione della parte opacata del cristallino e nell’impianto di una lente sostitutiva di materiale plastico (cristallino artificiale).

Rimozione corpo estraneo

il nostro è un centro all’avanguardia in materia di chirurgia oculare. Numerosi corpi estranei entrano nella congiuntiva dell’occhio in conseguenza di incidenti che avvengono durante l’espletamento di attività quotidiane.

I tipi più comuni di corpi estranei nell’occhio sono:

  • Ciglia
  • Muco secco
  • Segatura
  • Sporco
  • Sabbia
  • Cosmetici
  • Lenti a contatto
  • Particelle di metallo
  • Frammenti di vetro

Rimuovere un corpo estraneo da soli può causare gravi danni all’occhio. È necessaria l’assistenza immediata di un medico specialista nei seguenti casi:

  • Bordi affilati o irregolari
  • Dimensioni tali da impedire di chiudere l’occhio
  • Contiene sostanze chimiche
  • È stato spinto nell’occhio ad alta velocità
  • È incastrato nell’occhio
  • Causa sanguinamento nell’occhio
  • Limitare i movimenti oculari.

Il paziente può bendare l’occhio usando un panno o una garza puliti. Se il corpo estraneo è troppo grande per consentire il bendaggio, coprire l’occhio con un bicchiere di carta.
Anche l’occhio non leso deve essere coperto. In questo modo, si prevengono i movimenti oculari nell’occhio interessato.

Se ci si rivolge al medico per assistenza con un corpo estraneo nell’occhio, l’esame può includere quanto segue: gocce anestetiche, per anestetizzare la superficie dell’occhio.
All’occhio viene applicata fluorescina, un tracciante fluorescente che si illumina sotto una luce speciale, sotto forma di gocce. Il tracciante rivela corpi e abrasioni presenti sulla superficie.

Il medico usa una lente d’ingrandimento per trovare e rimuovere qualunque corpo estraneo. I corpi estranei possono essere rimossi con un bastoncino cotonato bagnato o lavati via con acqua.
Se le tecniche iniziali non riescono a rimuovere il corpo estraneo, possono essere usati aghi o altri strumenti.
Se il corpo estraneo ha causato abrasioni sulla cornea, può essere somministrato un unguento antibiotico per prevenire infezione.

In caso di abrasioni alla cornea di maggiore entità, vengono somministrate gocce contenenti ciclopentolato oppure omatropina per tenere dilatata la pupilla. Se la pupilla si restringe prima che la cornea guarisca, potrebbero verificarsi dolorosi spasmi muscolari.
Per il trattamento del dolore causato da abrasioni della cornea di dimensioni maggiori, viene somministrato il paracetamolo.
Può essere richiesta una tomografia computerizzata (TC) o altro esame di imaging per investigare un corpo estraneo intraoculare.
Il medico può richiedere la visita specialistica da un oftalmologo, medico specializzato nella cura degli occhi, per un’ulteriore valutazione o trattamento.

Distacco di retina

Quali sono le cause del distacco della retina?

Il distacco della retina può verificarsi in seguito a:
Liquefazione vitrea e distacco posteriore del vitreo (DVP). Si tratta di processi legati all’invecchiamento e alla storia naturale dell’occhio. L’accumulo di liquido (umor vitreo) che con l’età cambia consistenza, diventando più denso o più voluminoso, può far sollevare la retina nei punti in cui è più sottile.
– La degenerazione a palizzata. Consiste in un’aderenza forte del vitreo ai bordi retinici. Può facilmente esitare in un distacco di retina.
– La pseudofachia. Può verificarsi dopo l’intervento di cataratta e rappresenta un fattore di rischio per il distacco di retina.

  • Traumi
  • Diabete
  • Malattie infiammaotire
  • Malattie genetiche come la sindrome di Marfan e la sindrome di Ehler Danlos

Quali sono i sintomi del distacco della retina?
Il distacco della retina è sempre anticipato da alcuni segnali:
– Comparsa improvvisa di mosche volanti e corpi scuri fluttuanti davanti alla vista (miodesopsie)
– Improvvisi lampi di luce in uno o entrambi gli occhi
– Oltre il 50% dei pazienti con DR presenta la sintomatologia del DVP, che comprende visione di fotopsie (lampi di luce) e di miodesopsie (piccoli corpi mobili scuri) nei giorni precedenti.
– Uno scotoma, ovvero un’ombra o una tenda scura che copre parte del campo visivo

Diagnosi

La diagnosi si ottiene attraverso:
Un’accurata visita oculistica che consente di identificare la rottura e il distacco di retina. Bisogna, infatti, differenziare i diversi tipi di distacco, capire cioè se si tratta di un distacco regmatogeno, trazionale, essudativo o misto.
Ecografia oculare per valutare lo stato della retina, nel caso sia possibile esaminare perfettamente la retina.

Trattamenti

La terapia del distacco della retina deve essere messa in atto il più rapidamente possibile, per evitare che con il passare del tempo si verifichino: perdita completa della vista, atrofia del bulbo oculare o talora sviluppo di un glaucoma neovascolare.
I trattamenti standard sono:
Fotocaogulazione con laser argon. Lo scopo della terapia è quello di creare una cicatrice intorno alla rottura che impedisca l’ingresso del liquido nello spazio sottoretinico.
Quando il distacco coinvolge, invece, un’area significativa della retina è necessario intervenire chirurgicamente.
La chirurgia per il distacco di retina prevede essenzialmente due approcci:

  • Ab-esterno – chirurgia episclerale senza entrare all’interno dell’occhio
  • Ab-interno – la vitrectomia.

Prevenzione

La comparsa di corpi scuri nella vista e lampi di luce (miodesopsie e fotopsie) deve mettere in allarme il paziente e spingerlo a sottoporsi al più presto ad una visita oculistica. La miglior prevenzione consiste nel conoscere i sintomi e in controlli della vista periodici. È importante sapere che le miodesopsie non scompariranno con il tempo, ma saranno sempre visibili, soprattutto in presenza di variazioni di luminosità. Con il tempo tuttavia le macchie si riducono lievemente e il fastidio diminuisce.

Sinechiotomia

La sinechia consiste in una patologia che si manifesta con l’aderenza tra formazioni membranose o fra due organi, ad esempio fra iride e cornea e fra iride e faccia anteriore del cristallino.
La sinechiotomia è la tecnica chirurgica volta a risolvere la patologia, consistente nella sezione di un’aderenza. Viene praticata, di solito, mediante l’elettrobisturi o con il sinechiotomo, che ha differente conformazione a seconda che l’intervento sia fatto con tecnica endoscopica o a cielo aperto.

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Calazio

Un calazio è un nodulo formato intorno a una ghiandola chiamata di Meibomio, all’interno della palpebra, e comprende pus e secrezioni che normalmente aiutano a lubrificare l’occhio. Con la formazione del calazio, tuttavia, questi materiali organici non possono più defluire.

Molti casi di calazio all’occhio si risolvono da soli, soprattutto se ne viene facilitato il processo di guarigione con impacchi caldi periodici e un delicato massaggio della palpebra che stimola una migliora circolazione. Alcune forme di calazio persistono, tuttavia, per più di alcune settimane e crescono abbastanza per diventare poco attraenti a livello estetico e anche molto fastidiose. Un calazio, infatti, può premere sulla cornea e creare temporaneamente irregolarità sulla superficie dell’occhio, inducendo astigmatismo e causando una visione offuscata. A seconda delle dimensioni e della gravità del calazio si potrebbe valutare anche un intervento chirurgico, per intervenire sulla rimozione completa dello stesso. Tale tipo di operazione si effettua in poco tempo con anestesia locale e il paziente può tornare a casa entro la fine della stessa giornata.

La cisti viene rimossa quando il medico, sollevando la superficie posteriore della palpebra, incide un piccolo taglio di circa 3 mm sulla parte superiore del calazio. La cisti viene quindi rimossa, applicando una certa pressione in modo che non vi sia flusso di sangue dopo l’operazione. Generalmente i punti non sono necessari, in quanto il taglio è piccolo e si trova sul retro della palpebra. Dopo l’operazione chirurgica, il tempo di guarigione viene stimato in 10 giorni oppure potrebbe protrarsi fino a un massimo di 2 settimane.

Successivamente al trattamento chirurgico bisogna:

  • Evitare di bagnare gli occhi con l’acqua quando ci si lava il viso
  • Usare ed assumere tutti i colliri ed i farmaci prescritti dal medico per prevenire infezioni e dolori.
  • L’occhio operato potrebbe essere protetto da una garza che può essere rimossa dopo 5-6 ore dall’intervento.
  • La luce intensa può risultare fastidiosa per i primi due giorni.

Pinguecola

Si tratta di un processo degenerativo a carico della congiuntiva. La pinguecola è una formazione bianco-giallastra, leggermente in rilievo, situata in corrispondenza dell’apertura palpebrale.
Si genera a causa dell’alterata nutrizione da parte dei vasi sanguigni e linfatici. Compare nei soggetti anziani e nelle persone che si espongono agli agenti atmosferici come luce, aria o polvere. Si elimina con l’asportazione chirurgica.
Sebbene la pinguecola sia molto comune tra gli adulti o frequente negli anziani che hanno passato molto tempo al sole, essa può comparire anche nelle persone più giovani e persino nei bambini, specialmente quelli che passano molto tempo al sole senza protezione come occhiali da sole o cappelli.
Se diviene un problema estetico oppure risulta sintomatica, o propende alla metaplasia e all’iperplasia, la pinguecola può essere escissa, anche se tende a recedivare. Sconfina frequentemente in pterigio.
Questa formazione di colorito giallastro e di forma più o meno triangolare, lievemente sollevata sul piano congiuntivale, situata in genere sul limbus, è una degenerazione ialina del tessuto connettivo con formazione di tessuto elastico. Sembra che sia in rapporto con alterazioni di nutrizione da parte dei vasi linfatici e sanguigni. Se incomincia a essere un problema estetico, deve essere asportata.

Tutti i soggetti da pinguecola possono trarre beneficio proteggendo i propri occhi dai raggi del sole. Quelli con una lieve forma dovrebbero fare uso di lacrime artificiali, per dare sollievo alle irritazioni e alla sensazione di corpo estraneo. Coloro che hanno una grave infiammazione e gonfiore, invece, possono aver bisogno di steroidi o anti-infiammatori. È necessario considerare l’asportazione chirurgica quando tali lesioni interferiscono con l’applicazione di lenti a contatto, se l’irritazione e l’arrossamento provocato dai vasi ipertrofici raggiungono un livello di disturbo mal tollerato e, soprattutto, se lo pterigio incomincia ad estendersi sopra la cornea con iniziale erosione della stessa. L’intervento viene effettuato in ambulatorio, previa una piccola dose di anestetico locale sotto-congiuntivale. La seduta è di rapida esecuzione e consiste nell’asportazione della porzione ipertrofica e vascolarizzata, con piccola plastica e sutura congiuntivale. La guarigione avviene in pochi giorni con l’applicazione di un collirio e con associazione un antibiotico – steroide.

Pterigio

Lo pterigio è una malattia della superficie oculare generalmente bilaterale, caratterizzata dallo sviluppo di una membrana fibrovascolare che dalla congiuntiva invade la cornea. È più frequente nel settore nasale ma può interessare anche il settore temporale. A seconda dell’entità dell’interessamento corneale può dare astigmatismo più o meno elevato. Se coinvolge l’asse ottico, determina anche forti riduzioni della vista. L’esposizione al sole e l’etnia africana e sudamericana costituiscono fattori di rischio.
Quando indicata, la terapia è solo chirurgica. Le tecniche di rimozione sono varie. È possibile che lo pterigio una volta asportato possa recidivare.
La tecnica di asportazione di pterigio con autotrapianto di congiuntiva è la seguente: distacco della testa dello pterigio dalla cornea e asportazione dei residui aderenti alla cornea (se necessario regolarizzazione corneale con laser ad eccimeri), asportazione dello pterigio dall’interno della congiuntiva, prelievo di lembo congiuntivale dal settore superiore dell’occhio e impianto in sede di pregresso pterigio utilizzando colla di fibrina. Successivamente la seduta si può concludere in due modi

AUTOTRAPIANTO DI CONGIUNTIVA

Tale tecnica permette con l’impianto di congiuntiva “sana”, non affetta da pterigio, una notevole riduzione del rischio di recidive. Qualora lo pterigio abbia determinato irregolarità della superficie corneale anteriore, queste possono essere trattate nella stessa seduta operatoria con laser a eccimeri. Anche dal punto di vista estetico i risultati sono molto buoni. Nel tempo il lembo congiuntivale autologo impiantato si integra in maniera ottimale con la restante congiuntiva.

INNESTO DELLA MEMBRANA AMNIOTICA

L’innesto della membrana amniotica è sicuro ed efficace quanto l’autotrapianto della congiuntiva o il trattamento topico di mitomicina C nell’opera di contrasto allo pterigio.
Il trapianto di membrana amniotica consiste nella applicazione di un frammento di membrana amniotica sulla superficie oculare. Questo frammento viene fissato ai tessuti mediante una sutura. Esistono due forme distinte di applicazione per il tipo di lesione:

RICOPRIMENTO:

Se esiste solo un difetto epiteliale (lo strato più superficiale della cornea o della congiuntiva), però lo stroma (lo strato sottostante l’epitelio) è integro. La membrana amniotica si utilizza per ricoprire la superficie, in modo che i fattori di crescita contenuti nella membrana possano indurre una crescita delle cellule epiteliali sotto di essa. La membrana amniotica induce un processo di guarigione rapido, che può durare da 2 a 15 giorni.

INSERTO:

In caso di lesioni più profonde, che comportino perdita di stroma, la membrana si inserisce riempiendo la cavità nella quale manca lo stroma. In questo caso le cellule si riproducono andando a sostituire la membrana, che verrà riassorbita progressivamente. L’inserto implica un processo di guarigione più lento, che potrebbe durare alcuni mesi.

Ciglia in trichiasi

La ciglia in trichiasi è una condizione caratterizzata da una posizione delle ciglia, che si presentano dirette verso il bulbo oculare. Spesso, da questa condizione, conseguono irritazioni e infiammazioni del bulbo oculare. Se non trattata, tale condizione dolorosa conduce alla cecità totale. La ciglia in trichiasi è un’affezione delle ciglia, superiori e inferiori, che risultano ritorte verso l’interno venendo a contatto con alcuni punti della cornea.
Cause principali di ciglia in trichiasi sono:

  • infezioni
  • infiammazioni
  • Malattie autoimmuni
  • Difetti congeniti
  • Agenesia delle palpebre
  • Traumi

I sintomi con cui si manifesta la ciglia in trichiasi sono dolorosi. Inizialmente il paziente prova fastidio e irritazione, infine dolore.
Quando non sono troppo numerose, le ciglia anomale vengono rimosse con le pinzette. Nei casi di ciglia in trichiasi gravi si effettua un trattamento chirurgico.
L’elettrocoagulazione, o il laser, sono trattamenti chirurgici volti a correggere il mal posizionamento delle ciglia e possono essere affrontati secondo terapie differenti, che prevedono la distruzione oppure il riposizionamento delle ciglia e dei follicoli piliferi. Queste possono essere eseguite in maniera congiunta o separata, in base all’andamento del problema.
L’elettrolisi è uno dei trattamenti eseguiti che danno maggiori risultati. La terapia viene eseguita con un ago molto sottile, in grado di distrugge il bulbo in maniera indolore. La palpebra è correttamente riposizionata ed entro due settimane dal trattamento l’occhio torna alla sua normale attività, senza complicanze visive o esiti cicatriziali.

Xantelasma

Consiste in una condizione della pelle che sviluppa escrescenze gialle e piatte sulle palpebre. Gli xantelasmi sono spesso riscontrati in persone con colesterolo elevato o altri grassi (lipidi) nel sangue. Queste lesioni contengono depositi ricchi di grassi. Le posizioni più comuni per gli xantelasmi includono:

  • Una o entrambe le palpebre superiori, in particolare vicino al naso
  • Una o entrambe le palpebre inferiori

Gli xantelasmi appaiono come una macchia di colore giallo-arancio o bozzo. Variano nella forma da 2-30 mm e quelli piatti possono avere una superficie con contorni distinti (ben definiti). Una volta comparsi, gli xantelasmi di solito non vanno via da soli. In realtà, le lesioni spesso si sviluppano e diventano più grandi. Gli xantelasmi non provocano prurito. Gli individui con xantelasmi di solito non hanno sintomi, ma sono preoccupati per l’impatto estetico.
Una volta che la diagnosi di xantelasma è confermata, il medico probabilmente controllerà i livelli di colesterolo nel sangue. In presenza di una anomalia lipidica, saranno raccomandate modificazioni dietetiche. Il trattamento delle dislipidemie sottostanti non cura ogni xantelasma. Se lo xantelasma è esteticamente poco attraente e se non risponde alle terapie ipolipemizzanti, altri trattamenti includono:

  • Congelamento con azoto liquido (crioterapia)
  • Escissione chirurgica
  • Trattamento laser al plasma con Plexr
  • Applicazione di una soluzione di acido acetico appositamente formulato per sciogliere lo xantelasma
  • Trattamento con un ago elettrico (electrodissecazione)

Resezione del muscolo elevatore

La tecnica di resezione anteriore del muscolo elevatore è l’intervento maggiormente eseguito nella chirurgia della blefaroptosi. È indicato quando vi sia una buona funzionalità del muscolo elevatore.
Dopo l’anestesia locale si asporta una losanga di cute e di muscolo orbicolare, in relazione all’eccesso di tessuto. Si libera la superficie anteriore dell’aponeurosi e si apre il setto orbitale, tenendo conto del grado di resezione che si vuole effettuare. Se c’è protrusione del grasso orbitario, questo viene asportato. Vengono disegnate due linee longitudinali, sul lato nasale e temporale dell’aponeurosi, in maniera da identificarne una larga striscia. Si esegue un’incisione lungo queste linee, fino a incidere la congiuntiva. Tali incisioni sezionano i corni laterali e mediali d’inserzione del muscolo elevatore.
Successivamente si passa un filo di seta al di sotto della congiuntiva, si solleva completamente l’elevatore e si mette una pinza di Puttermann, in relazione alla lunghezza di muscolo che si vuole resecare.

Sospensione del muscolo frontale

Con la tecnica di sospensione del muscolo frontale si esegue un taglio cutaneo a livello della palpebra superiore e si scollano i tessuti fino ad arrivare al tarso. Successivamente viene ancorato un tubicino di silicone che viene fatto passare attraverso tre incisioni a livello della fronte. In questa maniera il tubicino solleva la palpebra a ogni movimento del muscolo frontale.
Eventuali terapie da effettuare prima dell’intervento chirurgico consigliato:
– In caso di età inferiore agli 8 anni, potrebbe essere necessario un periodo di occlusione dell’occhio sano per evitare o cominciare già a trattare un’eventuale ambliopia.
L’ambliopia non è altro che l’occhio “pigro”, cioè un occhio che, anche con la migliore correzione ottica, non raggiunge il massimo dell’acutezza visiva. il beneficio principale, oltre a quello estetico, è la riduzione dei disturbi visivi causati dalla ptosi della palpebra. Non è garantito un perfetto risultato estetico.

Reinserzione dell’aponeurosi

La ptosi aponeurotica è dovuta a indebolimento, deiscenza o disinserzione dell’aponeurosi del muscolo elevatore della palpebra, di più frequente riscontro negli anziani, a seguito di traumi o come complicanza di un intervento di blefaroplastica. La plicatura/reinserzione dell’aponeurosi del muscolo elevatore della palpebra superiore è di gran lunga quello che viene effettuato più frequentemente, così descritto:

  • Disegno: con una matita dermografica viene tracciata la linea di taglio, che corrisponde tendenzialmente alla piega palpebrale superiore, in modo da rendere l’eventuale minima cicatrice invisibile quando l’occhio è aperto.
  • Infiltrazione con un ago estremamente sottile di anestetico locale sotto la cute della palpebra superiore
  • Incisione, solitamente con bisturi o elettrobisturi
  • Reperimento ed esposizione del piatto tarsale, cioè dello scheletro fibroso della palpebra
  • Reperimento ed esposizione dell’aponeurosi che si differenzia dal muscolo orbicolare sovrastante per il diverso orientamento longitudinale anziché trasversale delle fibre muscolari
  • Plicatura o reinserzione dell’aponeurosi sul piatto tarsale che avviene generalmente posizionando 3 o più punti di sutura non riassorbibili, in modo da ottenere un livello e un contorno palpebrale valutabile facendo aprire e chiudere la palpebra al paziente sveglio e collaborante.
  • Sutura cutanea.

Intervento di Fasanella – Servar

La tarsotomia (intervento di Fasanella-Servat) si esegue per via interna, non è presente cicatrice visibile ma è riservata solo a ptosi minime.
L’intervento consiste nella resezione, in anestesia locale, di un tratto anteriore del tarso della palpebra.

Strabismi

Lo strabismo è una deviazione di uno o entrambi gli occhi rispetto al punto di fissazione e viene distinto a seconda della direzione di tale deviazione:

  • Strabismo convergente (l’occhio è deviato verso l’interno)
  • Strabismo divergente (l’occhio è deviato verso l’esterno)
  • Strabismo verticale (l’occhio è deviato verso l’alto o il basso).

Lo strabismo, inoltre, può essere congenito, a insorgenza precoce o tardiva, costante o intermittente, monolaterale e alternante.
Le cause dello strabismo possono essere:

  • Ereditarietà
  • Anomalie oculari (cataratta, ptosi, ecc.)
  • Difetti rifrattivi
  • Paresi di origine cerebrale
  • Paresi di uno dei muscoli oculari

La chirurgia dello strabismo mira al recupero della funzione visiva unitamente alla scomparsa o alla riduzione di una deviazione che persiste nonostante trattamenti ottici assidui.
L’intervento chirurgico, praticato in anestesia generale nei bambini e in anestesia locale negli adulti, consente di intervenire sui muscoli dell’occhio, in modo da mettere gli occhi il più possibile in asse. Praticando un’incisione sulla congiuntiva, il chirurgo strabologo può accedere ai muscoli oculari e intervenire su di essi accorciandoli o modificandone la posizione dell’inserzione sul bulbo.
L’intervento è totalmente esterno al bulbo oculare. Per questa ragione non dà modificazione né sul visus né sulla refrazione.

Trabeculectomia

La Trabeculectomia ha lo scopo di creare una via di scarico efficiente e alternativa a quelle malate, mettendo in relazione lo spazio compreso fra l’iride e la cornea e quello situato sotto una membrana detta “congiuntiva”, che riveste l’occhio.
È un intervento filtrante, in grado di creare un “by pass” tra l’interno e la parte esterna dell’occhio (sotto la congiuntiva, coperta dalla palpebra superiore), in modo tale da far defluire negli spazi sottocongiuntivali l’umore acqueo in eccesso all’interno dell’occhio e diminuirne la pressione. Questo permette di limitare la progressione del glaucoma.
Si esegue una anestesia locale. Dopo la trabeculectomia l’occhio viene bendato. Si applicano colliri per alcuni giorni. La trabeculectomia viene eseguita sotto il controllo di un microscopio operatorio. Il chirurgo inizia l’intervento creando una piccola apertura nella congiuntiva ed effettuando l’asportazione della capsula di Tenone (lamina di tessuto connettivo presente sulla superficie esterna dell’occhio). Successivamente si praticano piccole incisioni nella sclera, la parte bianca dell’occhio, per demarcare lo sportello sclerale ed esegue la delaminazione sclerale, per separare i diversi strati della sclera. La paracentesi con percolazione dell’umor acqueo permette di far fuoriuscire una parte dell’umor acqueo in eccesso e abbassare la IOP. In seguito, il chirurgo crea lo sportello sclerale asportando la lamella sclerale e praticando un’iridectomia basale, ovvero l’asportazione di una piccola parte di iride, per facilitare il deflusso dell’umor acqueo. Dopo aver creato lo sportello sclerale, il chirurgo lo sutura al resto della sclera che lo circonda, ripone in loco la parte di congiuntiva inizialmente asportata e la sutura al resto del tessuto congiuntivale circostante. Se lo sportello sclerale funziona correttamente, l’umor acqueo comincia a fluire attraverso di esso fino a formare un piccolissimo rigonfiamento che prende il nome di bozza filtrante. Se l’intervento viene effettuato correttamente, la bozza filtrante rimane permeabile per tutta la vita.
Dopo la trabeculectomia occorre fare grande attenzione a non fare sforzi per almeno un mese, poiché questo potrebbe comportare un brusco abbassamento della pressione dell’occhio.
Dopo la trabeculetomia è consigliabile un periodo di astensione dalle attività che comportino sforzi fisici di almeno trenta giorni, salvo diversa indicazione del chirurgo oculista.

Vitrectomia

La vitrectomia è la procedura chirurgica finalizzata alla rimozione totale o parziale dell’umor vitreo (o corpo vitreo). L’umor vitreo è una sostanza gelatinosa e trasparente, contenuta all’interno dell’occhio (per l’esattezza nella cosiddetta camera vitrea) e interposta tra il cristallino e la retina.
La posizione e la consistenza dell’umor vitreo consentono di fungere da sostanza di supporto per il cristallino, nella parte anteriore del bulbo oculare e, per la retina, nella parte posteriore dell’occhio.
Il corpo vitreo è costituto da acqua per il 98-99% e da altre sostanze come: acido ialuronico, sali, zuccheri, vitrosina (un tipo di collagene, quindi una proteina), opticina (una proteina), collagene di tipo II e altre proteine.
Grazie a questa composizione, il corpo vitreo permette all’occhio il mantenimento della sua forma sferica.

La vitrectomia può rendersi necessaria in presenza di:
– Emorragia endovitreale (emovitreo): l’eliminazione dell’opacità è senz’altro una delle ragioni dell’intervento
– Infezioni endo – oculari (endoftalmiti): il vitreo costituisce un vero e proprio terreno di cultura per germi e parassiti.
– Problema alla retina o alla macula (parte centrale della retina). La presenza di buchi o strappi sulla retina, fori maculari, distacco di retina e pucker maculare richiede la rimozione dell’umor vitreo, al fine di eseguire correttamente l’operazione di riparazione. In tutti questi casi, quindi, la vitrectomia rappresenta una parte di un intervento chirurgico molto più ampio e complesso. La vitrectomia viene eseguita per ristabilire, almeno in parte, le capacità visive.
– Un corpo estraneo all’interno del corpo vitreo o in prossimità della retina. Una condizione del genere può verificarsi per esempio dopo un trauma oculare. In tali circostanze, la vitrectomia serve a rimuovere l’oggetto estraneo, presente all’interno dell’occhio.
– Retinopatia proliferante. Si tratta di una sofferenza della retina, tipica dei malati di diabete e caratterizzata dalla continua formazione di vasi sanguigni a livello retinico. Questi vasi sono fragili, anomali e con la tendenza a dar luogo a sanguinamenti (emorragie). In tali situazioni, la vitrectomia si esegue per consentire un trattamento laser particolare, che serve all’eliminazione dei vasi sanguigni anormali.
– Infezioni oculari gravi. In tali frangenti, la vitrectomia fa da preludio a una biopsia oculare, ovvero al prelievo e all’analisi in laboratorio di un particolare tessuto dell’occhio.

Prima della vitrectomia, il medico che si occuperà dell’intervento deve visitare il paziente e indagare su alcuni aspetti fondamentali, quali: la storia clinica, la salute oculare e i farmaci assunti.
È altrettanto importante, inoltre, la valutazione del rischio-cataratta. La vitrectomia, infatti, è un fattore favorente l’opacizzazione (parziale o totale) del cristallino.
Una volta che il paziente è stato anestetizzato, un oftalmologo inizia l’operazione di vitrectomia.
Sono previsti solitamente 3 ingressi. Quello inferiore è collegato stabilmente ad un tubicino che porta l’infusione di fluido necessaria a mantenere la pressione interna dell’occhio durante le manovre.
Gli altri due ingressi sono a disposizione del chirurgo. Uno dei due è normalmente impiegato per una fibra ottica illuminante, l’altro consente l’ingresso dello strumento necessario.
Questi tagli sono indispensabili per l’inserimento, nella camera vitrea, degli strumenti per il risucchio della sostanza gelatinosa costituente l’umor vitreo.
Gli strumenti in questione e le fibre ottiche sono in grado di passare attraverso un foro di 1 millimetro di diametro in caso di vitrectomia standard. Quando si tratta di interventi di vitrectomia non complicati, ad oggi sono state prodotte delle sonde da 0,5 millimetri. Per questo viene definita vitrectomia mini invasiva.
Un intervento di vitrectomia dura in genere 1-2 ore. Tuttavia, se le operazioni successive sono particolarmente delicate, potrebbe protrarsi anche per 3 ore

Sostituzione temporanea dell’umor vitreo

Una volta eliminato, l’umor vitreo non si riforma mai più. Il suo posto viene occupato dall’umor acqueo (lo stesso presente nelle cavità anteriori del bulbo oculare), che adempie egregiamente alle stesse funzioni di supporto.
Dopo gli interventi di vitrectomia per un problema alla retina, è necessario provvedere all’inserimento di un qualcosa che faccia le veci dell’umor vitreo e preservi la retina appena operata da eventuali insulti, distacchi ecc. Si tratta di un rimedio temporaneo, in attesa che la retina guarisca completamente e che l’umor acqueo vada a riempire la camera vitrea.
In sostituzione dell’umor vitreo, l’oftalmologo può inserire:

Una bolla di gas

– Vantaggi. Questa soluzione è molto pratica, perché la bolla d’aria viene assorbita naturalmente dall’organismo nel giro di diversi giorni.
– Svantaggi. Le bolle d’aria tendono a muoversi molto facilmente e a non fornire più l’adeguata protezione. Affinché ciò non abbia luogo, il paziente è tenuto a mantenere il viso verso il basso per la maggior parte della giornata e a dormire su un lato soltanto.
In casi come questi, per conoscere le esatte posizioni da assumere e da evitare, è bene consultarsi approfonditamente con l’oftalmologo curante.
In genere le bolle di gas sono sconsigliate ai pazienti giovani o, comunque, con una vita ancora molto attiva.

Un olio al silicone speciale

– Vantaggi. Diversamente dalle bolle di gas, l’olio si muove molto poco, di conseguenza è raro che lasci scoperta la retina operata. È una soluzione particolarmente indicata ai pazienti giovani, ai bambini e, in generale, a tutti coloro che hanno una vita ancora abbastanza attiva.
– Svantaggi. Poiché non viene riassorbito naturalmente come le bolle di gas, l’olio al silicone può essere rimosso soltanto ricorrendo a un piccolo intervento chirurgico ad hoc.
In genere, un paziente sottoposto a vitrectomia viene trattenuto in ospedale almeno una notte, per motivi del tutto precauzionali.
I primi tempi è probabile che la visione risulti offuscata. In genere, l’offuscamento dura dalle 4 alle 6 settimane.Per almeno un paio di settimane, inoltre, l’occhio operato appare particolarmente sensibile, gonfio e arrossato.

Diversi sono i rischi dell’intervento di vitrectomia:

  • Innalzamento della pressione oculare. Questo fenomeno avviene più di frequente nei malati di glaucoma.
  • Emorragia vitreale
  • Distacco di retina
  • Edema corneale. È una condizione caratterizzata dall’accumulo di fluido a livello della cornea; tale accumulo è in genere dovuto a un inadeguato meccanismo di drenaggio del liquido che circonda la cornea.
  • Infezione intraoculare (o endoftalmite). Comporta l’infiammazione delle strutture interne dell’occhio.
  • Cataratta. Secondo alcuni studi scientifici, nelle persone sottoposte a vitrectomia, la tendenza alla cataratta aumenterebbe del 30-40%. Fissa subito una consulenza per ricevere ulteriori informazioni sulla chirurgia oculare.

Tarsorrafia

Consistente nel suturare temporaneamente tra loro i bordi delle palpebre superiore e inferiore. La tarsorrafia è indicata allo scopo di proteggere una cornea esposta, per esempio quando una paralisi facciale impedisce di battere le palpebre durante il giorno e chiudere l’occhio durante la notte, in caso di esoftalmo (protrusione del bulbo oculare) marcato o (più raramente) di sindrome di Sjörgen grave o herpes che coinvolga l’occhio.

In genere la tarsorrafia si esegue mediante sutura del solo angolo esterno dell’occhio, talvolta di entrambi gli angoli, interno ed esterno: in questo caso è detta completa. Praticata in anestesia locale o generale, richiede il ricovero per alcuni giorni. La sutura può essere lasciata in sede per un periodo compreso tra 15 giorni e 6 mesi.

Chirurgia delle vie lacrimali

Nella maggior parte delle patologie delle vie lacrimali l’approccio chirurgico è l’unica alternativa adatta alla risoluzione definitiva dei problemi.
L’apparato lacrimale si compone di due puntini lacrimali superiore e inferiore, cui sono collegati dei canalini lacrimali, e il sacco lacrimale che comunica nel dotto nasolacrimale.
Le ostruzioni, o stenosi, dell’apparato lacrimale provocano un sintomo, chiamato epifora, che comporta una lacrimazione costante e fastidiosa la quale rappresenta un disturbo molto frequente. Tutto questo produce un grave malessere, soprattutto in pazienti che hanno attività lavorative di concentrazione.
La stenosi delle vie lacrimali colpisce tutte le fasce d’età, dai più piccoli sino agli adulti e agli anziani.
In taluni casi si associa a infezioni dell’apparato lacrimale. In questi casi si ha una produzione di secrezione mucopurulenta che fuoriesce dai condotti lacrimali.
I principali interventi chirurgici si suddividono in base alla sede dell’ostruzione, che può essere parziale o completa.
Successivamente all’intervento chirurgico alle vie lacrimali il paziente dovrà sottoporsi a controlli specialistici continui, con lavaggi a scadenza di uno/due mesi. Sarà cura del paziente sottoporsi a questi controlli per evitare qualunque tipo di complicanza.

ENDOSCOPIA DELLE VIE LACRIMALI

L’endoscopia rappresenta una nuova metodica per la risoluzione dei problemi legati all’epifora, cioè alla lacrimazione continua e persistente.
Oggi, grazie a questa nuova tecnologia che si avvale di fibre ottiche, è possibile visualizzare in modo chiaro e preciso i problemi delle vie lacrimali e ricanalizzarle allo stesso tempo.
Ciò offre grandi vantaggi rispetto alla chirurgia tradizionale, sia per la precisione operatoria sia per la velocità dell’intervento e, non ultimo, per la sicurezza del risultato.
Dopo aver accuratamente valutato i dati anamnestici del paziente relativi all’epifora (data di comparsa dei disturbi, caratteristiche, pregressi episodi di infezioni del sacco, allergie…), si effettua una prima irrigazione, facendo passare dell’acqua nel canalino per valutare con l’ago cannula la posizione, la consistenza dell’ostacolo, le caratteristiche del deflusso e la percezione del paziente.
Per procedere con l’intervento, è necessario dilatare il canalino lacrimale con movimenti dolci e progressivi e spalmare un po’ di materiale che faciliti l’entrata della sonda nel canalino, al fine di non dare alcun trauma a questa zona così delicata.
La sonda viene fatta entrare nel canalino e, con lievi movimenti avanti e indietro, la fibra ottica sotto infusione permette di visualizzare la via lacrimale in modo perfetto, di accertare se ci sono ostruzioni o anomalie delle vie e, con un apposito trapano, di eliminare i blocchi.
La sonda endoscopica può visualizzare in un apposito monitor tutte le vie lacrimali, da quelle più superficiali a quelle più profonde (sacco lacrimale, canalino, canale comune, dotto nasolacrimale).

LAVAGGIO VIE LACRIMALI

Il lavaggio delle vie lacrimali è una tecnica in parte diagnostica e in parte terapeutica. Consente di valutare la presenza di una ostruzione lungo le vie lacrimali.
Le vie lacrimali vanno dal puntino lacrimale, situato nella parte nasale della palpebra inferiore, allo sbocco nasale del canale naso lacrimale. In condizioni normali, infatti, le lacrime devono defluire nel naso. In caso contrario restano nell’occhio e poi fuoriescono dalle palpebre. Per questo il paziente, in caso di ostruzione del canale lacrimale, si lamenta di lacrimazione eccessiva o epifora. L’ostruzione prolungata porta alla proliferazione batterica e a infezioni, quali il flemmone e l’ascesso del sacco lacrimale.
Il condotto lacrimale è come un tunnel, che porta le lacrime dall’occhio al naso. In presenza di particolari situazioni, come l’età avanzata, o patologie più gravi, come le dacriocistiti (infiammazioni del sacco lacrimale), si può restringere o chiudere del tutto. Con il lavaggio si valuta lo stato del canale, e si cerca anche di riaprirlo. La tecnica attraverso la quale viene effettuato il lavaggio delle vie lacrimali, consiste nell’uso di una siringa caricata con soluzione fisiologica e antibiotico, dotata di un apposito ago smusso all’apice, per iniettare il farmaco, aprire il canale e disinfettarlo al suo interno. Se la tecnica ha esito positivo, il paziente riferisce di sentire l’amaro dell’antibiotico in gola.

PUNTOPLASTICA

Questo intervento, eseguito in anestesia locale, comporta una plastica del puntino lacrimale, ovvero una dilatazione del puntino ostruito Si esegue in tutti i casi di lacrimazione e quando il lavaggio lacrimale ha dato esito positivo, cioè il paziente avverte il liquido prima in bocca e poi in gola, per poi deglutirlo.
La Puntoplastica è l’intervento di chirurgia delle vie lacrimali con altissima percentuale di successo e si esegue con il supporto di microscopio operatorio. In alcuni casi si possono introdurre dei “tutori” in silicone che, lasciati per qualche mese, possono aumentare la percentuale di riuscita dell’intervento senza arrecare alcun disturbo alla vita professionale e di relazione del paziente.

SONDAGGIO DELLE VIE LACRIMALI

È l’intervento di chirurgia delle vie lacrimali eseguito in bambini di 1-2 anni, nei quali si riscontra la presenza di una lacrimazione precoce con ristagno di secrezione a livello delle ciglia. Consiste nell’apertura forzata del dotto naso lacrimale mediante una sonda che permette di aprire la chiusura o l’occlusione formatasi nelle vie lacrimali di scarico. L’intervento, solitamente eseguito in età pediatrica, ha una elevata percentuale di successo senza rischi al paziente. Se dopo un sondaggio non dovesse aversi una risoluzione dell’ostruzione, tale procedura potrebbe ripetersi dopo qualche mese.

INTUBAZIONE BICANICOLARE CON TUBICINI DI SILICONE

Procedura riservata ai pazienti in cui il sondaggio delle vie lacrimali non ha avuto esito positivo. Consiste nell’inserimento di tubicini di silicone dal puntino lacrimale superiore e dall’inferiore annodando poi i due capi nel naso. Viene normalmente eseguito in anestesia generale. Oggi sono presenti dei tutori in silicone che possono essere inseriti con molta più facilità nelle vie lacrimali e con maggior percentuale di successo. Questa tipologia di tutori ha notevolmente ridotto la percentuale di interventi con intubazione bicanicolare, interventi più indaginosi e più difficili da eseguire.

Dacriocistectomia

L’intervento si esegue su pazienti affetti da gravi infezioni del sacco lacrimale e consiste nella totale asportazione del sacco.
Tale procedura viene eseguita raramente, poiché è ritenuta molto invasiva in quanto va asportato in modo completo il sacco lacrimale, struttura importante nel deflusso fisiologico delle lacrime. L’intervento si effettua prevalentemente su pazienti di età avanzata, in cui l’asportazione del sacco lacrimale influirebbe poco sul deflusso fisiologico delle lacrime, soggetto a una naturale e significativa riduzione.

Dacriocistorinostomia

Viene eseguita in tutti i casi in cui si abbia un’ostruzione del dotto nasolacrimale, quindi per tipi di ostruzioni “basse” e con infezioni del sacco lacrimale (mucocele). L’intervento consiste nel creare una via di scarico alternativa alle lacrime mediante una osteotomia (un’apertura ossea) a livello della cresta lacrimale, in anestesia locale o generale, a scelta del paziente. La percentuale di successo è molto alta, tra il 90 ed il 95% dei casi.

L’intervento consiste nel praticare una incisione cutanea a livello della radice del naso, dalla parte ostruita. Si scollano i tessuti, si recide il legamento mediale e si incide il periostio, la pellicola che avvolge l’osso, fino ad arrivare al sacco lacrimale che viene aperto. Si procede forando l’osso lacrimale e si incide la mucosa nasale, unita successivamente a quella del sacco lacrimale. Tale connessione offre una nuova via di deflusso alle lacrime che scolano direttamente nel naso grazie a tubicini di canalizzazione in silicone, che devono essere tenuti in sede per 4-5 mesi, per poi essere asportati con una normale procedura ambulatoriale.

Intravitreali

Le iniezioni intravitreali si riferiscono all’introduzione di un determinato farmaco che, attraversando la sclera tramite un sottile ago, si riversa nella cavità oculare interna riempita dal corpo vitreo.
I farmaci intravitreali di uso piu’ comune sono oggi il Lucentis e l’Avastin, ma anche alcuni derivati corticosteroidei come il triamcinolone e il desametazone.
Queste medicine hanno un ruolo importante nella gestione di malattie come la degenerazione maculare senile, la retinopatia diabetica, le occlusioni vascolari retiniche, il glaucoma neovascolare e altre, caratterizzate o dalla presenza di edema o di neovascolarizzazione.
Il Lucentis e l’Avastin sono farmaci anti-VEGF, con proprietà anti-angiogenetiche e anti-edemigene. Il VEGF, (fattore di crescita delle cellule endoteliali vascolari), è una molecola molto importante nella regolazione dei capillari sanguigni. La sua presenza è fondamentale per permettere un corretto sviluppo della vascolarizzazione corporea. Tuttavia, in alcune malattie (quali ad esempio la retinopatia diabetica o la degenerazione maculare senile umida), il VEGF è prodotto in eccesso. La conseguenza di questa iper-produzione è spesso una crescita anomala di nuovi vasi sanguigni o lo stravaso di fluido dai capillari.
Per questo, farmaci che ostacolino il VEGF trovano un largo impiego in queste patologie.
Il Lucentis e l’Avastin sono due farmaci molto simili.

L’Avastin, nome commerciale del Bevacizumab, è un farmaco inizialmente ideato per la cura del cancro del colon-retto. Nella cura dei tumori è iniettato endovena. Il suo utilizzo in campo oculare è iniziato a seguito delle osservazioni dei positivi effetti visivi che si ottenevano con l’uso del farmaco nei pazienti affetti da tumore e, contemporaneamente, da una delle malattie oculari sopraelencate.
Il passaggio dalla somministrazione endovena a quella endovitreale è stato poi obbligato dal fatto che la via sistemica (endovena) comportava un maggior numero di effetti collaterali.

Il Lucentis, nome commerciale del Ranibizumab, è invece un farmaco studiato specificamente per l’uso oculare. Da un punto di vista strutturale, tuttavia, Il Lucentis non è altro che un frammento dell’Avastin, modificato per renderlo più adatto alla somministrazione oculare. Caratteristiche del Lucentis rispetto all’Avastin sono una maggior affinità per il VEGF e una migliore penetrazione oculare

La procedura

In Italia è praticata in sala operatoria per questioni di sicurezza, legate alla sterilità.
Il viso del paziente è coperto da un telo oftalmico. Le palpebre sono aperte da un piccolo divaricatore, il blefarostato. L’occhio, previa anestesia topica, è disinfettato con iodo-povidone, liquido in grado di uccidere tutti i germi in pochi secondi. A seguito di una seconda dose di anestetico locale il chirurgo, attraverso una siringa con ago molto piccolo (27 gauge, inietta una quantità minima di farmaco (di solito 0,05-0,1 cc) all’interno dell’occhio.
La puntura è eseguita nella sclera, la parte bianca dell’occhio, a circa 3,5-4 mm dalla cornea, direttamente nella cavità vitreale.
A fine procedura, l’occhio è nuovamente disinfettato e medicato con antibiotico.
La procedura non è particolarmente dolorosa, se l’anestetico è usato correttamente e per il tempo necessario. Potrà comparire una piccola emorragia nella sede dell’iniezione.
In genere, già il giorno dopo, tutto torna alla normalità.
L’efficacia delle iniezioni intravitreali dipende dal tipo di malattia trattata e dal grado di avanzamento della malattia stessa.
Il problema comune a tutte queste terapie è però la breve durata. L’efficacia di azione del farmaco dentro l’occhio è, infatti, limitata. Le iniezioni sono in genere ripetute fino al regredire della patologia, o fino alla perdita di efficacia.

Pemfigoide

Il pemfigoide cicatriziale, chiamato anche pemfigoide mucoso, è una malattia sistemica rara ad eziologia autoimmune caratterizzata dalla presenza di lesioni bollose e infiammatorie nei tessuti mucosi. Le bolle tendono a scoppiare e cicatrizzare con formazione di tessuto fibrotico. Il pemfigoide cicatriziale è una malattia rara. Sono maggiormente colpiti i soggetti compresi trai 60 e i 70 anni, e le femmine più frequentemente dei maschi. Il coinvolgimento oculare si manifesta nelle fasi iniziali come una congiuntivite cronica e persistente. Con il passare degli anni la malattia oculare assume le caratteristiche di una congiuntivite cicatrizzante. Il simblefaron è proprio il segno tipico del pemfigoide cicatriziale ma è anche segno di malattia avanzata. L’ispessimento della congiuntiva provoca, inoltre, un alterato allineamento delle ciglia del bordo palpebrale, che si dirigono verso l’interno dell’occhio (entropion). Questa alterazione delle ciglia causa un danno della superficie oculare, in particolare della cornea.
Negli stadi finali, il quadro clinico del pemfigoide è caratterizzato da una secchezza oculare severa e da una opacizzazione corneale di grado variabile. La diagnosi di pemfigoide è difficile, soprattutto nei primi stadi della malattia. L’identificazione dei segni precoci della patologia è molto importante poiché una terapia adeguata iniziata tempestivamente può migliorare la prognosi visiva della malattia.

La diagnosi di certezza si ha effettuando una biopsia della congiuntiva (procedura minimamente invasiva). Mediante specifiche tecniche di immunofluorescenza si riesce a ottenere una diagnosi precisa di pemfigoide oculare. La terapia chirurgica deve essere limitata alla correzione delle anomalie per ridurre le complicazioni dell’entropion e distichiasi che possono causare delle lesioni corneali. Va affermato molto chiaramente che comunque un intervento chirurgico oculare su un paziente affetto da Pemfigoide deve sempre essere ben valutato con lo specialista immunologo ed effettuato in condizioni di assoluta organizzazione, per far fronte a possibili complicazioni trofiche, infiammatorie e infettive.

Ptosi mono/bilaterale

La ptosi palpebrale è un abbassamento di una o di entrambe le palpebre. Rappresenta un inestetismo che può essere di natura funzionale o estetica ed è più frequente di quanto si possa pensare.
L’inestetismo può essere di natura funzionale quando l’abbassamento delle palpebre comporta una riduzione parziale del campo visivo, cioè della porzione o dell’estensione dell’area che una persona può vedere.
È di natura estetica, invece, quando l’abbassamento delle palpebre comporta un peggioramento estetico del volto di una persona, in quando le palpebre sono al centro del volto e sono sempre visualizzate per prime. La valutazione preoperatoria deve essere particolarmente attenta e meticolosa. Non tutti i casi di ptosi possono essere corretti in modo chirurgico. Per una corretta diagnosi è necessario valutare con estrema esattezza il grado della ptosi e la funzione del muscolo elevatore, quest’ultimo fondamentale nelle motilità della palpebra.
Sono molteplici le tecniche chirurgiche.

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